Dietro il gorgoien: dalla Gorgone a Medusa

Antonio Aveta

PotniaLa figura della Gorgone, e in particolare di Medusa, rappresenta non solo una figura mitologica tra le più antiche ma anche una figura che si presta a svariate chiavi di lettura che, su un piano antropologico, ci consentono di intendere meglio il rapporto tra l’uomo greco e il mondo che lo circondava. La mitologia greca, infatti, anche se può apparire ai neofiti <<semplicistica>> sul piano dei contenuti è in realtà estremamente complessa se si considerano i legami fra le singole divinità, le sfere d’influenza, gli attributi e i simboli a loro riconnessi.

La presenza della Gorgone è attestata fin dalle origini nella mitologia greca, citata già da Esiodo nella sua Teogonia1 e da Omero2. Figlie di Forco e di Ceto3 e sorelle delle Graie4, le gorgoni sono tre mostri marini, Steno, la forte, Euriale, l’ampia, e Medusa5, l’unica mortale tra loro. Di Medusa ci dice anche il destino, amante di Poseidone – l’Azzurrocrinito6–, uccisa da Perseo che le tagliò via la testa e dal cui sangue nacquero <<Crisaore grande e il cavallo Pegaso7>>. Lo pseudo-Esiodo ne Lo Scudo di Eracle8, inoltre, ci descrive anche l’aspetto delle gorgoni quali esseri zannuti, con la lingua penzolante, le mani di bronzo e due serpenti che si alzano sopra le spalle dai loro fianchi, che ritroviamo in perfetto accordo col l’etimologia del loro nome che si fa derivare da γοργώ/ών, “truce, fiero, terribile”.

Il mistero circa la loro origine è un nodo di difficile scioglimento, dato che non siamo in grado di affermare se una figura del genere esistesse già prima della civiltà greca o se frutto riconducibile soltanto alla mente dei greci. Figure femminili riconducibili alla natura e al serpente, allo stato delle nostre conoscenze, sono assimilabili solo alla signora degli animali cretese, la Potnia9, di cui abbiamo notizie tramite i ritrovamenti a Cnosso di statuette e di iscrizioni in Lineare B. Questa è raffigurata come una donna – dea o sacerdotessa10? – che impugna verso l’alto due serpenti, probabili simboli di potere e di immortalità, ma anche di morte.

Alcuni vedono in essa un aspetto o una diversa interpretazione della Grande Madre, figura presente nella maggior parte delle culture preistoriche europee e rappresentante il ciclo vitale della natura e l’incarnazione del mistero della rinascita.

Collegare, però, la gorgone alla Signora degli animali cretese appare alquanto difficile visto quanto è insidioso il campo della mitologia, sopratutto nei casi in cui mancano fonti certe.

Risale, inoltre, alla fine dell’VIII secolo a. C. il primo gorgoien. Oggetto con funzione apotropaica, rappresenta la testa di una medusa, talvolta stilizzata, con lo sguardo truce, la bocca aperta, la lingua di fuori e le serpi tra i capelli, che ha trovato tra l’altro un massiccio uso nel tempo, attraversando il Rinascimento e raggiungendo anche i nostri giorni. Utilizzato dai guerrieri sui loro scudi, era impresso anche su piatti, vasi, antefisse e addirittura monete; la stessa dea Atena, ricevuta la testa di Medusa da Perseo, la pose sul suo scudo, come ci tramanda lo stesso mito.

Grande dea dei serpenti, Cnosso, 1600 a. C
Grande dea dei serpenti, Cnosso, 1600 a. C

 La funzione di questi oggetti era in origine quella di dissuadere qualcuno dal compiere un’azione, nello specifico di entrare in un luogo. La proibizione avveniva tramite l’uso della paura, incanalata dal viso orrido della gorgone che con i suoi poteri doveva pietrificare l’incauto che osava avvicinarsi. In questa accezione, la gorgone potrebbe forse configurarsi come una divinità della soglia, protettrice di luoghi e di segreti, anche se questa accezione mi pare più una funzione secondaria sviluppatasi in seguito, quando la razionalità e la civiltà greca iniziarono a rimodellare e a ritoccare la materia mitica. Anche l’iconografia sembra attestare ciò, dato che all’iniziale aspetto della gorgone si sovrappongono nel periodo successivo – fino a giungere al V secolo a. C. – diverse modificazioni grazie alle quali si iniziano a perdere gli elementi mostruosi quali le zanne, ottenendo così una figura dall’aspetto meno grottesco.

Relativamente alla sua esistenza, possiamo avanzare due diverse ipotesi, le quali non devono per forza vivere separate ma che potrebbero convergere. La prima vede la gorgone essere il risultato dell’evoluzione di un precedente culto cretese o addirittura neolitico – quello della Potnia -, il quale sarebbe stato assorbito dai greci e rimodellato, ma solo come episodio mitico e non più destinatario di un culto, relegato perciò sullo sfondo di una nuova religione.

Non si può prendere in considerazione, al contrario, l’idea di un nuovo culto che si impone su quello precedente perché in seguito non troviamo riscontro nella mitologia ufficiale greca di una dea serpente. Ci troviamo di fronte, quindi, a una evoluzione e non a una rottura.

La seconda ipotesi, invece, si muove su un piano puramente antropologico individuando in questa figura la conseguenza sul piano mitico dell’incontro/scontro fra l’uomo e la natura ignota. L’uomo greco nel suo vivere quotidiano e nel suo esplorare e colonizzare il territorio, trovandosi spesso di fronte al mistero che i boschi, le foreste e i monti contenevano, provava una naturale paura verso l’ignoto, paura che nel più semplice meccanismo mentale assunse l’aspetto della gorgone. Il bloccarsi, il fermarsi, l’incapacità di muovere un solo passo in avanti, il “pietrificarsi” erano naturali conseguenze di un qualcosa di così terribile da combattere come puro sentimento che ha dovuto per forza assumere una forma materiale, per quanto orribile. Non a caso, i punti di forza della gorgone erano l’aspetto mostruoso e la capacità di pietrificare col solo sguardo. Da questo punto di vista, troverebbe spiegazione anche l’uccisione del mostro da parte di Perseo, che come tutti gli altri eroi, Eracle in primis, è portatore di civilizzazione, simboleggiando il prevalere della ragione sulla paura e la fragilità umana.

Abbiamo detto che le due ipotesi potrebbero convergere e questo è vero se si considera l’idea che sia stata presa la figura della gorgone, rimodellata dai greci su un precedente culto, per assegnarle il compito di mostro punitore contro cui combatte lo stesso uomo nel suo procedere dentro l’ignoto. In questo senso, quindi, i greci avrebbero <<preso in prestito>> una figura religiosa precedente, adattandola ai loro scopi, operando tra l’altro una sottomissione della stessa rispetto ai loro dei ed eroi <<positivi>>.

Interno di una coppa attica detta “Coupe aux bateaux”, attribuita al gruppo di Léagros, 520 a.C.
Interno di una coppa attica detta “Coupe aux bateaux”,
attribuita al gruppo di Léagros, 520 a.C.

Apartire dalla piena classicità greca, il mito della gorgone subisce un ulteriore rimaneggiamento, concentrandosi ancora di più sulla figura di Medusa, che diviene una donna bellissima di cui si invaghisce il dio Poseidone.

Di eccezionale bellezza,
Medusa fu desiderata e contesa da molti pretendenti,
e in tutta la sua persona nulla era più splendido dei capelli: ho conosciuto chi sosteneva d’averla vista11.

Il dio si tramuta in aquila marina, la rapisce e la possiede in un tempio dedicato alla dea Atena, che furiosa maledice la giovane per essersi coperta il viso dietro la sua egida, trasformando i suoi splendidi capelli in serpenti col potere di tramutare qualunque essere vivente in pietra. Anche qui è attestata la tradizione che vuole Perseo uccisore di Medusa, grazie ai consigli di Atena stessa e ad alcuni oggetti – i sandali alati, l’elmo dell’invisibilità di Ade e il Kibisis, una sacca magica -, il quale consegna poi la testa alla dea dopo aver compiuto tramite essa altre imprese. In questa nuova fase del mito bisogna porre l’accento sulla dea Atena, motore dell’azione e del tragico compiersi del destino di Medusa. Da questo punto in poi, infatti, il mito si arricchisce di nuovi elementi che offrono nuove chiavi di lettura, da cui possiamo ricavare due diverse letture del nostro mito.

In una prima interpretazione possiamo immaginare scontrarsi due diversi atteggiamenti femminili, il primo basato sulla razionalità incarnata dalla dea e il secondo sulla bellezza rappresentata dalla mortale. Medusa è la donna che possiede solo il suo aspetto esteriore, con il quale seduce e si fa spazio nel mondo, un mostro che fagocita chiunque solo con lo sguardo, ammaliandolo. Atena è la donna che non possiede altro se non la sua intelligenza e astuzia, che non ha armi seduttive a sua disposizione.

Testa di Gorgone, Dewing 1063, courtesy of the Dewing Greek Numismatic Foundation.
Testa di Gorgone, Dewing 1063,
courtesy of the Dewing Greek Numismatic Foundation.

Lo scontro tra bellezza e intelligenza è quindi inevitabile – anche se i miti ci hanno trasmesso un’immagine della dea totalmente disinteressata al matrimonio e alla seduzione. Riguardo a questo elemento, sono propenso a credere, però, che esso sia dovuto al fatto che la dea rappresentasse la continua ricerca della conoscenza, la ricerca inestinguibile della mente umana, la quale non può <<perdere tempo>> a stringere relazioni umane che possono distrarla dal suo compito primario.

La dea, quindi, si scontra con la mortale avendo come occasione il rapimento da parte di Poseidone, scagliando la sua maledizione che forse non consisteva nel tramutare il corpo della donna bensì nel rivelarne la vera interiorità, liberare Medusa dalle illusorie fattezze che si era creata per sedurre gli uomini. E successivamente, con l’aiuto di Perseo adeguatamente istruito e attrezzato per non soccombere al mostro, ucciderla.

L’altra ipotesi, più suggestiva agli occhi di noi moderni, vuole invece Medusa e Atena come due diversi modi di utilizzare la razionalità umana; la prima come perversione intellettuale, la seconda come giusto pensiero. Atena, allora, combatte contro il cattivo uso della razionalità di cui è la dea, quella che vede un degrado delle

facoltà umane volte soltanto alla seduzione e all’inganno. Questi ultimi, infatti, appartengono al mondo puramente sensoriale e <<basso>> rispetto a quello della pura conoscenza, quella volta alla ricerca del sapere e alla loro messa in pratica con l’unico scopo del perfezionamento umano. Se accettiamo questa ipotesi, con tutte le riserve del caso, allora come dobbiamo interpretare il gesto della dea Atena di porre la testa di Medusa sul suo scudo?

Si può pensare che la dea abbia voluto in questo modo far diventare la testa di Medusa un’arma di difesa, a significare che il cattivo uso della ragione non dev’essere bandito del tutto ma che può essere accettato soltanto come difesa e mai come arma di attacco, essendo lei tra le altre cose collegata agli aspetti più nobili della guerra.

Mezzobusto di Medusa di Gian Lorenzo Bernini conservato presso i Musei capitolini, 1630.
Mezzobusto di Medusa di Gian Lorenzo Bernini
conservato presso i Musei capitolini, 1630.

Un altro elemento del mito su cui conviene soffermarsi è quello del serpente, che in ogni cultura possiede sempre una particolare rilevanza. La gorgone – Medusa – è, infatti, rappresentata tradizionalmente con dei serpenti al posto dei capelli. Si potrebbe pensare che questa sia un prova del fatto – seppur debole – che tale figura derivi da quella della Potnia cretese, raffigurata spesso coi serpenti, ma se analizziamo questo elemento da un’altra prospettiva, analizzando il serpente più da vicino possiamo scorgere degli elementi inconsueti. Nella culture antiche, prima di divenire simbolo del peccato cristiano, esso è collegato, infatti, all’elemento del tempo e ai cicli della vita grazie alla sua capacità di mutare pelle e dando così l’impressione di rinascere nuovamente ogni volta. Esso diviene simbolo di vitalità e di mistero. Lo stesso Asclepio, dio della medicina, veniva raffigurato con un bastone con un serpente attorcigliato in grado di guarire da qualunque malattia.

Perché la gorgone doveva essere rappresentata con dei serpenti tra i capelli? Solo per sottolinearne l’elemento orrido e raccapricciante? Ritengo piuttosto che il serpente, quale simbolo di rinascita, stia a simboleggiare, sia nel caso in cui Medusa rappresenti la bellezza corruttrice sia la perversione intellettuale, l’immortalità di questi. Per quante precauzioni si possano prendere, per quanti stratagemmi si possano utilizzare, per quanto si possa combattere disperatamente non si può eliminare del tutto il fatto che la bellezza giochi un ruolo essenziale nei rapporti umani né che l’uomo terrà dei comportamenti subdoli nei confronti del suo simile.

In questa visione, allora, troverebbe un senso anche il fatto che la testa di Medusa continui a funzionare anche dopo che Perseo l’abbia separata dal corpo, compiendo con la stessa altre imprese. La testa di Medusa è ricoperta di serpenti perché è, quindi, impossibile liberarsi di un qualcosa che comunque esiste e che è indispensabile alla vita dell’uomo, una controparte negativa – utilizzata nel senso più ampio del termine – che permette lo sviluppo e il progredire umano fatto di libero utilizzo delle facoltà intellettive o dei mezzi che si hanno a disposizione.

Colta sotto questi diversi punti di vista, la gorgone si configura non più come singolo momento mitico all’interno della religione greca, incastrato in una serie di racconti che hanno come oggetto l’uccisione del mostro di turno da parte dell’eroe buono, ma diviene l’affermazione di un qualcosa di più forte e profondo, lo scontro iniziato dai greci contro l’oscura natura e successivamente, quando la civiltà greca si è affermata e diversificata nei suoi caratteri sociali e culturali, contro aspetti considerati nocivi per il vivere umano e la società stessa, incarnati dalla figura di Medusa. Essere contro cui la nostra battaglia è lungi dall’essere conclusa.

Antonio Aveta

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NOTE:

.    1  Esiodo, Teogonia, vv. 270-283.

.    2  Omero, Iliade, V, vv. 729-742, VIII, vv. 345-349, XI, vv. 29-41; Odissea, XI, vv. 630-635.

.    3  Divinità primordiali figli di Ponto e Gaia e fratelli di Nereo, Taumante e Euribia, in Esiodo, Teogonia, vv. 233-239.

.    4  Figlie di Forco e Ceti e sorelle delle gorgoni, erano tre, Enio, Penfredo e Denio, vecchie fin dalla nascita, 
condividevano un solo occhio e un solo dente, Ivi, vv. 270-274.

.    5  L’etimologia di questo termine si fa risalire da μέδω che significa governo, regno o anche proteggo o anche da 
μέδων/οντος che significa signore, protettore.

.    6  Esiodo, Teogonia, v. 288.

.    7  Ivi, v. 281.

.    8  Pseudo-Esiodo, Lo scudo di Eracle, vv. 226-234.

.    9  Per approfondimenti, Reynold Higgins, Minoan and Mycenaean Art, Thames & Hudson, 1997; Rodney Castleden, Minoans: Life in Bronze Age Crete, Routledge, 1993.

.    10  W. Burkert propende per l’identificazione divina del soggetto in quanto identifica la posizione del corpo come posizione <<epifanica>> del dio e gli animali quali segni di uno status sovrumano, in W. Burkert, La religione greca, Jaca Book, 2010, p. 92.

.    11 Ovidio, Metamorfosi, 4, vv. 793-796.

Bibliografia

  • Apollonio Rodio, Le Argonautiche, Milano, Bur, 2010
  • Burkert W., La religione greca, Milano, Jaca Book, 2010.
  • Esiodo, Teogonia, a cura di Graziano Arrighetti, Milano, Bur, 1984.
  • Lucano, Farsaglia o la guerra civile, Milano, Bur, 1997.
  • Luciano, Racconti fantastici, Garzanti Libri, 1995.
  • Luciano, Dialoghi degli dei. Dialoghi marini. Dialoghi dei morti, a cura di Tuscano S., 
Rizzoli, 2002.
  • Omero, Iliade, a cura di Maria Grazia Ciani, Marsilio, 2001.
  • Omero, Odissea, trad. di Calzecchi Onesti R., Torino, Einaudi, 2005.
  • Ovidio, Le metamorfosi, trad. di Faranda Villa G., Milano, Bur, 1994.
  • Pseudo-Esiodo, Le opere e i giorni. Lo scudo di Eracle, Milano, Bur, 1979.
  • Reynold Higgins, Minoan and Mycenaean Art, Thames & Hudson, 1997.
  • Rodney Castleden, Minoans: Life in Bronze Age Crete, Routledge, 1993.

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