Zoocratie La tyrannie des bêtes

Personale di Sylvia Mair
Galleria delle Battaglie
Brescia, dal 20 maggio al 24 giugno 2006

Maria Pia Rosati

Nel mito e nella fiaba il mondo reale viene assunto come alfabeto delle energie psichiche (animali) che convivono con il lato più strettamente umano dell’individuo, in sé positive ma che possono ostacolare la sua libertà se prendono il sopravvento, per es. come ricerca di piacere, soddisfazione o potere fini a sé stessi.

caneL’animale mitologico o fiabesco è un “luogotenente” di energie e di pulsioni egoiche e/o egoistiche. fiaba e racconto mitologico sono un primo approccio “psicanalitico” all’interiorità umana.

Così le “bestie” rappresentano LA bestia umana nelle sue varie espressioni.

Nelle diverse epoche e culture ricorrono immagini molto simili fra loro, si tratta quindi di “archetipi”, di pattern psichici pre-esistenti, innati.

L’archetipo usa l’immagine che gli è più “congeniale” come medium per i propri contenuti.

serpentiMito e fiaba possono essere letti come codificazioni psichiche, in cui trova applicazione una lettura “strutturalistica” dell’esistenza e delle finalità dell’essere umano – un “conosci te stesso” espresso per immagini che probabilmente originano da quel misterioso “inconscio collettivo” (Jung) – meglio sarebbe “iper-conscio” – che sa perfettamente chi siamo e chi dovremmo/potremmo essere (quel Sé vicino alla perfezione)…

Pittura per ideogrammi 
di Maurizio Sciaccaluga 
(dal testo in catalogo)

Sylvia Mair indaga – tramite una pittura monocroma e rigorosa, ossessiva, incurante della piacevolezza immediata ma proiettata piuttosto verso una profondità materica e archetipica – il carattere e la forza espressiva del simbolo, la struttura basilare e primaria della narrazione per immagini, in definitiva la dimensione stessa del racconto e della scrittura.

ucelloSi concentra – e tale concentrazione è resa palese dalla ripetizione incalzante di una medesima figura, ripetuta con certosina pazienza e precisione in modo da trasformare l’individuo stesso in branco, l’uno in moltitudine – sul preciso momento durante il quale l’immagine si fa memoria, durante cui l’essere vivente, in fondo presenza banale e scontata oramai, pur con tutte le sue meravigliose storia e complessità, si tramuta in metafora, diventa allegoria, assurge al ruolo d’emblema. Coglie quell’attimo che divide, ma anche unisce, e fonde, realtà e immaginario.

(…)Da una parte sono [animali] carnali, pesanti, credibili, terribilmente veri; dall’altra sono invece assolutamente impalpabili, sono paure, desideri e convinzioni fintamente incarnati, in realtà soltanto evocati.

bambiSylvia Mair rincorre l’origine del mito, la culla di tutte le mitologie, e per farlo punta l’obiettivo su quelle figure e quegli emblemi, apparentemente confusi e ambivalenti, in cui la storia e la cultura dell’umanità è finita tante, troppe volte per imbattersi. I suoi animali non sono animali qualsiasi, non sono mai incontrati e riprodotti per caso, come non lo sono gli animali-personaggio delle fiabe: hanno dietro, dentro e tutt’attorno un indotto di significati, valenze, pesi specifici, rimandano a icone di comportamento e valori sociali, ed è con questi che lo spettatore deve fare i conti.

Non si tratta di ritratti di mammiferi e rettili, non ci si trova di fronte a un’enciclopedia illustrata dove è di casa la verosimiglianza (come non si sta nemmeno parlando di un bestiario immaginifico alla stregua medioevale, perché fantasia e assurdo non prendono mai il sopravvento): in questo caso, nel caso dei pezzi della Mair, sulla tela finisce la storia della letteratura, la simbologia su cui s’è costruito il senso comune, quell’universo zoomorfo a cui è stato in passato affidato il compito di disvelare l’uomo.

pesceNelle opere ci sono – non raffigurate ma citate, non descritte ma evocate – la perfidia e la stupidità, la forza ottusa e il cupo presagio, la simpatia e la cattiveria. Ci sono quelle silhouette da cui sembra prendere le mosse ogni leggenda quotidiana, qualunque narrazione che racconti lo spirito dei tempi andati e il senso di essere Uomo.

(…) Sylvia Mair è perfettamente cosciente del fatto che l’ossessione, la ricorrenza e la vertigine sono esperienza e tirocinio quotidiani verso la purezza del simbolo e della comunicazione. Coniugando la pratica arcaica e orientale della scrittura alla sapiente e paziente gestualità dei cabalisti, recuperando il fascino della spontaneità da pittura rupestre per sposarlo a un gusto ipercontemporaneo da pittura sporca, materica, terrosa, l’artista lavora incessantemente la materia, ne riduce di giorno in giorno spigolosità e angoli, la rende vellutata e scorrevole, unisce e sovrappone un segno agli altri, un individuo alla moltitudine. La pittura si sviluppa come attività spagirica, l’artefice corrisponde al manufatto, il materiale sente il gesto e il gesto accompagna il materiale lungo un percorso alchimistico e filosofale. Una pittura lacerante, che prepara e annuncia una profonda trasformazione. (…)


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