Mario Bussagli
a cura di Marco Bussagli
Betti Editrice, Siena 2017
Arte e Magia a Siena di Mario Bussagli è un inno alla bellezza di una città che è insieme una terra, un popolo, una lingua, una cultura che attinge al ‘pozzo profondo del passato’ ed a eredità composite provenienti da altri: da altre terre e popoli, e dall’Altrove.

Bernardino di Betto, detto il Pinturicchio. Siena, Pavimento della Cattedrale.
L’autore è un orientalista e un comparativista, allievo di Giuseppe Tucci, innamorato di culture lontane nello spazio e nel tempo e pur viventi, delle quali ha saputo riconoscere segni e simboli contesti nella trama della cultura occidentale, la propria cultura e di Siena, la sua città, di cui porta nell’anima il sigillo di appartenenza.
Il libro è curato dal figlio, lo storico dell’arte Marco Bussagli, che ha voluto rendere omaggio al padre e continuare con lui il dialogo dell’intera vita sul tema dell’arte e del linguaggio simbolico che era il loro lessico familiare. «Dietro queste pagine c’è un’idea – scrive –: che la realtà degli uomini e la loro storia siano più complessi di quanto sembri, che esista una continuità di pensiero, metastorica, a volte. Per mio padre orientalista Siena costituiva uno dei punti di cerniera tra la civiltà occidentale e quella orientale; per mio padre senese, Siena era l’amore sviscerato per le mura, i colori, gli odori, i sapori, i ricordi della sua terra.»
Mario Bussagli sottolinea in Siena non solo una stupenda città medioevale ma una civiltà la cui cultura complessa ed enigmatica assume dimensioni universali da farla percepire tipicamente diversa, un vero unicum, da chi abbia capacità di ascoltarne l’eco profonda oltre l’immediata sensazione.
Siena, attraverso la concezione urbanistica, la struttura degli edifici, le opere dei suoi artisti, le parole dei suoi Santi esprime simbolicamente il desiderio di corrispondenza con l’Altro, l’Invisibile, trascendente meta di immemorabile ricerca spirituale, aspirazione mistica. Ciò le ha permesso di mantenere nella sua storia «una coerenza voluta, sofferta, vitale», di trasmettere ai suoi figli, di generazione in generazione, valori costanti: una vera polis.
Proprio nella trama urbanistica della sua città, densa di esoterismo mistico, Bussagli ha saputo scorgere una vicinanza con i grandi centri spirituali dell’Asia. Riconosce tuttavia la differente modalità di vivere il sacro del popolo senese, che pur erede dello slancio religioso del popolo etrusco, sente anche la contiguità e la continuità tra realtà fenomenica e trascendenza ed è sempre animato da un impegno politico appassionato, profanamente sentito.
Leggere questo libro è intraprendere un viaggio con l’anima e con lo spirito. «Un ben strano viaggio – spiega Franco Cardini nella prefazione – […] nel quale vari metodi d’investigazione convivono e s’incrociano: l’analisi propriamente storico filologica e quella morfologica, la tematica folklorica […] e quella ispirata all’antropologia culturale, alla psicologia del profondo, alla scienza della mitologia…».
Dunque numerosi sono i percorsi, alcuni dei quali insoliti per il lettore contemporaneo abituato a mappe di rassicurante precisione, come quando Mario Bussagli ci fa intravedere piani diversi quali quelli dell’esoterismo e della magia, oggi comunemente intesi in un’accezione fuorviante rispetto al senso che hanno nelle culture tradizionali.
I Magoi, narra Erodoto (I, 101), erano una tribù dei Medi, la cui egemonia era fondata su poteri spirituali che continuarono ad esercitare ed a irradiare nel tempo e nello spazio, ben oltre la perdita del potere temporale dovuta all’invasione degli arii.
A iniziare dal IV secolo a. C. i greci impiegarono il termine mageia, da cui il latino magia, per indicare il corpo dottrinale formato dall’incontro di antiche tradizioni accolte per il tramite della Persia. Saggi del peso di Pitagora, Epimenide, Democrito e dello stesso Platone viaggiarono nel mondo alla ricerca di un sapere, furono ammessi ai Misteri delle religioni orientali, divennero maghi, forse i primi a rivelare a un pubblico più esteso i princìpi della loro arte.
Secondo l’antropologo Jean Servier, tale arte era fondata sulla devozione all’Invisibile e sulla visione di un Unus Mundus nel quale l’avventura umana si svolge al ritmo del cosmo.
Quanto al termine esoterismo, dottrina da rivelarsi esclusivamente ai discepoli o agli iniziati, sono significative le parole di Heinrich Khunrath: Arcana publicata vilescunt.
Mario Bussagli nel I capitolo, ‘Il problema della «magia» senese’, sottolinea che «l’etnologo, il sociologo, lo storico delle religioni o lo specialista di molte culture extra-europee, […] non possono far a meno di affrontare il problema magico».
Impossibile comprendere il significato ‘occulto’ di alcune delle maggiori manifestazioni figurative del Duomo senese, in specie le tarsie delle Sibille, dell’Ermete Trismegisto, dell’Allegoria del colle della Sapienza, se non si fa riferimento a un pensiero magico, ermetista, alchimista, che apotropaicamente cerca di allontanare eventi infausti – del genere di un’inquietante predizione astrologica per l’anno 1484 –.
Su tale modalità di pensiero Bussagli si diffonde presentandone concetti fondanti quali il rito, il sacrificio, il mana in differenti culture (indiana, egiziana, ebraica, melanesiana etc.), secondo l’orientamento teorico di Marcel Mauss e Henri Hubert.

L’idea del mana gli sembra calzare perfettamente a Siena città che «è anche e soprattutto uno stato d’animo» e che finisce per configurarsi in uno spazio magico, senza mai porsi in contrasto con la religione ufficiale. «La tarsia [Allegoria del colle della Sapienza] – scrive Marco Bussagli – rappresenta un enorme crittogramma (come del resto tutto il duomo) dove si intersecano una pluralità di letture determinate dall’armonica connessione dei più fervidi fermenti culturali legati all’ambiente romano e fiorentino». E sottolinea inoltre «la sconcertante coerenza simbolica che attraversa l’intera costituzione della cattedrale e che si offre al fedele come un immenso libro di marmo che vuole condurre chi lo percorre, anche fisicamente, fino al cospetto della Verità di Dio dinanzi a cui dimandare misericordia, come recita il cartiglio marmoreo posto sotto l’altare».
La lettura delle opere d’arte, e in particolare delle tarsie del Duomo senese, a cui è dedicata una parte significativa del libro, è consona alla modalità warburghiana di cercarne il senso profondo archetipico, la Pathosformel espressa attraverso elementi che sono a un tempo simboli e segnali di un discorso tra iniziati. E così ritroviamo nella lettura delle figurazioni artistiche del Duomo riferimenti a Marsilio Ficino, la cui pia philosophia riconosce Zoroastro, Mosè, Ermete Trismegisto, i pitagorici, Platone e Plotino per segni della presenza del Verbo nella storia.
Il secondo capitolo è dedicato alle origini della città, antichissime origini di cui Siena ha profonda coscienza. Sena vetus è scritto sulle monete senesi, sin dai primi coni, e insieme compaiono le lettere greche maiuscole Alfa e Omega a indicare che la città stessa si sente un «centro» conchiuso che si ricollega direttamente al Cristo e dunque all’intero creato.
Tra le tante leggende sulla nascita della città, la tradizione romana indica che i suoi fondatori furono i figli di Remo, ucciso dal gemello Romolo per aver scavalcato il solco su cui dovevano sorgere le mura di Roma compiendo così il sacrilegio che ne infrangeva la protezione sacra.
Ma se Romolo fu il fondatore di una città da cui nascerà un grande impero, Siena insediatasi nel cuore del territorio etrusco vanta una sua gloria, sebbene in modi e tempi diversi. Mario Bussagli insiste sul rapporto della sua città con il Sacro: con il sentimento del tremendum e del magico che persiste attraverso i millenni perfino in periodi di apparente desacralizzazione, sia pure manifestandosi in maniere diverse, in luoghi in cui per secoli si sono celebrati culti esoterici ed iniziatici. D’altronde il sacro, ricorda Julien Ries, è nella più antica profondità nell’uomo, Homo religiosus ben prima che Homo faber.
E Siena, sorgendo in un luogo che fu degli etruschi, indubbiamente ha raccolto e mantenuto molto della loro religiosità, del loro rapporto col divino e delle loro tecniche dell’Invisibile (per usare un’espressione di Jean Servier).
Si trattava di uomini che avevano un’altissima capacità percettiva delle forze della natura, in specie della corrente vitale emanante dalle acque, dalla terra, dalle pietre, dagli alberi e dagli altri viventi; corrente che poteva possederli sino a spingerli in uno stato di ipnosi. Questo, che Bussagli chiama col termine mongolo olon, era proprio delle culture sciamaniche e delle popolazioni dell’Asia centrale, o della Siberia, fin dai primordi, ma egli ne riconosce, in terre e culture a noi vicine, la somiglianza con altri stati estatici, dalla mania bacchica in Grecia alla trance di molti popoli mediterranei.
Il superamento dei confini dell’io, se negli iniziati poteva fornire grandi poteri spirituali, poteva sfociare in preoccupante malessere in personalità più fragili e non temprate da un percorso iniziatico necessariamente lungo. Contro quei danni, la religione condivisa creava attraverso i suoi riti una difesa della vita e una barriera apotropaica, o magica.
Dai suoi studi interdisciplinari è emerso un collegamento della cultura di popoli lontani con un aspetto ignoto, potremmo dire esoterico, della religiosità etrusca che si riverbera in superstizioni (ma ricordiamo che superstitio era la conoscenza suprema) ben vive nei popoli con cui essi sono entrati in contatto. In particolare i Romani, sebbene vittoriosi sul popolo etrusco, molto ereditarono dalle sue tradizioni religiose.
Quanto al radicamento del popolo senese nella terra etrusca, è sufficiente accennare allo straordinario rituale del palio senese o ai vari registri di espressioni apotropaiche sparsi nell’area urbana. Ne sono esempio i colonnini (di chiaro significato fallico) che delimitano l’estrema frontiera del dominio delle forze della vita, dei valori di fecondità e di fertilità. Oltre, salendo i gradini della scalinata del Duomo, ci innalziamo su un piano diverso che simbolicamente trascende gli aspetti materiali e mondani. Eppure, nota Bussagli, da millenni persiste una fascia di interferenza continua fra religiosità, magia ed esoterismo che si esprime anche attraverso la simbolizzazione della sessualità, fonte della potenza creatrice dalla quale sgorga la vita dell’intero creato.
L’universo è un tutto senza soluzione di continuità tra materia e spirito e, per Proclo, Amore è il magnus daemon omnia ligans, cosmica sympathia rerum.
Nell’epoca d’oro di Siena, la prima metà del Trecento, il sogno dei suoi cittadini era di trasformarla in una Civitas Dei, affidata alla protezione della Vergine Maria regina del Cielo e costruita tuttavia proprio sulla terra nella quale sono così radicati. La meta è il Bene Comune, forse un’utopia, e per raggiungerla i senesi hanno tranquillamente attinto all’esoterismo, all’astrologia, alla magia.
Nel corso del tempo il sogno è svanito e Siena, vittima di lotte intestine e di avverse contingenze storiche, arriva a perdere la libertà. Alla città non resta che ripiegarsi su se stessa e recuperare la propria forza identitaria attraverso i suoi riti che la riportano all’epoca medioevale, il grande mito di ogni senese.
Mario Bussagli ci lascia con la sua profonda convinzione, di autentico senese, di studioso transdisciplinare e cultore di esoterismo, «che la città e la sua terra su cui appoggia siano un ‘centro’ sacrale la cui potenza è momentaneamente sopita, ma che tornerà a svolgere il suo compito e la sua missione quando i tempi saranno maturi e la città avrà ancora la sua parola da dire. […] Tutto sta nell’avere coraggio di guardare al di sopra del contingente e di assurgere a una dimensione che – senza rinnegare la storia – si innalzi al di sopra di essa ascoltando i ritmi eterni della vita dell’universo».