Dio, il Mistero trascendente e trans-discendente

P. Giuseppe Scattolin

Pagine in anteprima tratte da
Manifestazioni spirituali nell’Islam
Letture di alcuni testi fondamentali del sufismo classico
(secoli I/ VII- VII/ XIII)

(in corso di stampa)

 

Il mistico si trova inevitabilmente di fronte al paradosso dell’Assoluto, che sta al di là di ogni pensiero, idea e rappresentazione umani. Ma nello stesso tempo, Egli si manifesta come il Mistero che è uscito dalla Sua Trascendenza e si è fatto vicino, facendoSi conoscere nell’infinita serie delle Sue manifestazioni cosmiche e antropologiche. Tale Mistero inoltre Si manifesta come una forza dinamica che tutto muove verso di Sé, il punto centrale di tutto l’Essere, che altro non è che la Sua auto-manifestazione. In moltissima letteratura sufi si afferma che tale forza dinamica che muove tutto l’Essere è la forza dell’amore (ḥubb, maḥabba, ‛ishq, simile in questo senso all’eros dei Greci) che scaturisce dalla Sua sorgente prima e a essa ritorna, infondendo il suo dinamismo nel Tutto. Quindi, Dio è un Mistero di amore che pur rimanendo sempre tale, Mistero assoluto, Si è rivelato, Si è fatto vicino, fino a divenire il dinamismo intimo dell’essere umano nei suoi atti supremi di comprensione, di volontà e di libertà.

Alla luce di tale realtà divina sarebbe bene che gli adepti delle varie religioni, invece di farsi guerra a vicenda (come purtroppo e troppo spesso è avvenuto in passato) per le loro differenze dogmatiche (per lo più a livello del linguaggio umano), cercassero insieme le ‘tracce del Mistero divino’ presente e agente in tutto. Del resto anche San Paolo, volendo dimostrare la presenza divina in tutto, anche al di fuori della sua fede giudaico-cristiana, cita il detto di un poeta pagano per provare la propria fede cristiana: “Poiché in Lui viviamo, ci muoviamo e siamo, come persino alcuni dei vostri poeti hanno detto: ‘poiché siamo anche Sua progenie’” (Atti, 17, 28).

I tre Filosofi [Giorgione]

Le tre religioni abramitiche (Ebraismo, Cristianesimo e Islam) pongono la Parola (Logos) come il mezzo per cui tutto esiste e per cui Dio, il Mistero assoluto, discende e Si manifesta alle Sue creature. Se ci avviciniamo gli uni gli altri troveremo molte similitudini comuni che ci illuminano. Allora le problematiche che esistono nelle nostre visioni religiose possono aprirsi a una maggiore comprensione reciproca, superando atavici pregiudizi, dati per lo più come scontati.

Il problema di fondo che si pone qui nella tradizione abramitica, come pure in quella delle tradizioni spirituali di altre religioni, è quello ricordato sopra: Dio, il Mistero ultimo verso cui l’essere umano è orientato, deve rimanere necessariamente nascosto nella Sua assoluta trascendenza? Oppure Egli è e rimane libero e potente di comunicare ‘Se stesso’ alle Sue creature superando il supposto limite della trascendenza? E se questo avviene, cosa succede allora allo svolgersi della storia umana sia individuale che comunitaria?

La fede cristiana ha risposto in senso positivo a tali domande, basandosi sull’auto-rivelazione di Dio stesso, come amore assoluto e incondizionato: “Dio è amore” (1 Gv 4, 8.16). In tale visione, essere-Dio non significa in primo luogo il Suo isolamento in un’unità trascendente e assoluta, inavvicinabile per le Sue creature. Essere-Dio significa in primo luogo la Sua trascendente capacità di comunicare Se stesso, proprio Se stesso, al di fuori di Se stesso, in un’auto-comunicazione libera e totale. Da tale prospettiva, la creazione è vista come una prima auto-comunicazione, chiamata ‘esterna’ di Dio, la cui fonte e radice però sta nell’auto-comunicazione interna di Dio da Se stesso a Se stesso in Se stesso. Siamo qui al centro del Mistero divino, Mistero di assoluta trascendenza, ma anche di altrettanta assoluta trans-discendenza.

Di fatto, tale aspetto paradossale dell’Unità divina è stato in qualche modo intravisto dalle più profonde e ardite intuizioni di molti sufi che sono andati ben al di là delle astratte categorie razional-teologiche, come vedremo in molti testi di questa Antologia.

È interessante notare che questi tratti fondamentali dell’esperienza mistica si trovano anche in altre tradizioni religiose molto lontane da quella abramitica.

Tale aspetto si può trovare, ad esempio, nell’Induismo, nella ‘via del bhakti’ (bhaktimarga), in cui viene sottolineato l’aspetto devozionale della fede e della fiducia assolute in una divinità personale, atteggiamento caratterizzato da una partecipazione emotiva intensa e totalizzante di fede, fiducia e devozione verso tale divinità, come via sicura per ottenere la liberazione finale (mokṣa), al di là di tutti i sacrifici e di tutte le pratiche ascetiche.

Così pure avviene nella tradizione buddhista dell’Amida Buddha. Il pensatore giapponese Takeuchi Yoshinori (m. 2002) parla appunto della trans-discendenza dell’Amida Buddha, come contrapposta alla tradizionale idea della sua pura trascendenza (cioè trans-ascendenza). L’Amida Buddha infatti si comunica ai suoi fedeli, che si rapportano a lui nella fede e nella devozione, ed elargisce loro la salvezza in modo assolutamente gratuito, al di fuori dei pretesi meriti delle opere compiute[1].

Siamo qui di fronte alla dialettica, e tal volta al contrasto, fra legge e opere da una parte, e fede e devozione dall’altra, tra esteriorità e interiorità, tra lettera e Spirito, ecc., dialettica che riempie la storia dei mistici di tutte le religioni, fino a condanne a morte da parte dei ‘giuristi legalisti’ (‛ulamâ) che hanno spesso tacciato i mistici di eresia.

E qui, nell’esplorazione del Mistero profondo di Dio, si aprono ampi spazi di dialogo e scambio per attuare una mutua comprensione fra le differenti tradizioni mistiche. Esse infatti sono dei cammini che intendono portare ogni essere umano a incontrarsi con, anzi a immergersi nell’abisso del Mistero divino, Mistero che è pur sempre pieno di sorprese e novità, Mistero che sorpassa e trascende sempre ciò che la mente umana può pensare e il cuore umano può sperare.

(…)

P. Giuseppe Scattolin

[1] Takeuchi Yoshinori, Il cuore del Buddhismo, EMI, Bologna, 1999 (or. The Heart of Buddhism, 1991).