La fiaba è sicuramente uno dei codici più usati per comunicare con il bambino. Questa, infatti, parla con immagini, parole molto vicine al loro mondo fantastico che oggi in generale è fortemente denutrito nello scenario della cultura contemporanea, appiattita in un realismo tecnologico e svuotata di magia, di simboli, di rimandi al mistero. In realtà, tutti questi elementi, in una sorta di alchimia profonda, costituiscono il tessuto intrinseco, la linfa vitale di ogni individuo, come ci ricordano tutte le tradizioni e ci restituiscono la complessità del reale, con i tanti piani che s’intersecano, compreso il piano dell’immaginale e dello spirituale.
Lavoro da vari anni in un Ambulatorio dell’Età Evolutiva che accoglie bambini con disturbi riconducibili a patologie diverse e di varia gravità. Come équipe, abbiamo sentito l’esigenza di seguire un orientamento integrato, olistico introducendo anche metodologie ludiche come la narrazione, il disegno e l’animazione di fiabe, proprie della tradizione psicodinamica che non hanno trovato molta evidenza negli orientamenti psicopedagogici della riabilitazione e della cura rivolta alla disabilità, improntate, soprattutto verso gli anni novanta, in senso cognitivo- comportamentale.
Le fiabe creano curiosità, interesse, motivazione e rappresentano una facilitazione all’apprendimento anche nei soggetti con disagi psichici importanti e con valutazioni psicodiagnostiche diverse (dai disturbi generalizzati dello sviluppo ai disturbi specifici dell’apprendimento e ai disturbi del linguaggio). I bambini trovano nelle fiabe una sintonia profonda per l’integrazione di funzioni emozionali, affettive, relazionali e cognitive e una semplificazione naturale per avvicinarsi a quel mondo creativo, simbolico-immaginale che a molti di questi sembra precluso dalle loro stesse problematiche e rigidità.
Sia nel lavoro in gruppo che nel lavoro individuale la fiaba ha costituito un momento centrale di grande valore psico – evolutivo. Nel linguaggio della psicologia del profondo parliamo di possibilità di evoluzione e trasformazione della coscienza, di integrazione di Eros e Logos (emozione e ragione).
Bambini con disturbi generalizzati dello sviluppo, con difficoltà nella sfera cognitiva, emotiva-affettiva, e comunicativa – relazionale e con incapacità a cogliere i nessi impliciti delle storie, hanno in effetti dimostrato interesse alla lettura di una breve fiaba, enfatizzata nei toni, rallentata nella velocità e supportata da immagini definite riuscendo a ridurre, durante l’ascolto, i loro comportamenti stereotipati e la loro iperattività.
Il terapeuta, ad esempio, che in gruppo, alla fine della seduta di terapia, arrivava travestito da pagliaccio, regalando la lettura di una storia attesa, scelta dai bambini, portava gioia, stupore, senso del mistero e allusione ad una realtà in trasformazione. Questa è una realtà animata, rappresentata da animali parlanti, interagenti con il mondo umano, a volte personificazione di tipologie precise.
Importante rilevare anche l’intima, speciale relazione che si crea tra chi racconta e chi ascolta una fiaba, una sorta di sospensione rituale, apertura e compartecipazione ad una dimensione altra, simbolica, toccando le corde e le emozioni più profonde, le dinamiche archetipiche (miti universali) della psiche inconscia.
Marco, un bambino con difficoltà d’apprendimento, d’espressione e di comportamento, un giorno ha voluto lui stesso fare il pagliaccio e leggere, pur nel suo linguaggio parzialmente comprensibile, una favola: quella del lupo ed i caprettini. Tale favola racconta come la realtà sia diversa da quello che appare, come il male si possa mascherare e nascondere dietro false apparenze ….Possiamo così rilevare come attraverso la narrazione il bambino anche con gravi problemi di comunicazione trovi una via privilegiata di espressione e si sintonizzi su quegli aspetti simbolici e meta-rappresentativi che ad una valutazione con altri strumenti “semplicemente scientifici” si perdono.
Tra i tanti aspetti simbolici rivestiti dalla fiaba vorrei soffermarmi sul tema del cambiamento, della trasformazione, nucleo centrale di molte storie che si sviluppano proprio a partire da una povertà, un limite, una perdita passando attraverso un conflitto, un combattimento, una prova fino ad arrivare alla vittoria, al successo dell’impresa (può essere espressa anche dal matrimonio tra il principio femminile e quello maschile, dal venire in possesso di tesori, ricchezze, dal rinnovamento del regno)
Le situazioni presenti nella fiaba rispecchiano la visione infantile, magica delle cose, esorcizzano incubi inconsci, placano ansie ed inquietudini, aiutano a superare insicurezze, frustrazioni e crisi esistenziali, insegnano gradualmente ad accettare le responsabilità e ad affrontare la vita.
Attraverso la fiaba ci si permette di uscire dal tempo lineare, ordinario, quello dove troppo spesso la realtà diventa pesante ed opprimente, immodificabile per il bambino, schiacciato da richieste, ansie, paure del mondo degli adulti, per entrare in una realtà altra, piena di sorprese, di magia, quella del “ C’era una volta…”. Qui gli uccelli, il mondo animale nel suo insieme parla, interagisce con il mondo delle fate, degli gnomi ed aiutano il protagonista-eroe nella sua lotta contro streghe, orchi, draghi, matrigne divoranti. Gli ostacoli, le difficoltà sono aggirate e trovano una soluzione che apporta felicità, gioia, solidarietà e ricchezza. Nella dimensione della fiaba il bene, la speranza trionfano, il male viene sconfitto, pur richiedendo lavoro, impegno, coraggio da parte del protagonista che affronta separazioni, dolore, paura di non riuscire. È evidente quindi che quando il bambino sceglie ed ascolta una fiaba, egli si rispecchia nel protagonista e nella sua storia che diventa la propria e quindi modello iniziatico, esperienza reale vissuta con il cuore e con la mente, possibilità simbolica di cambiamento per la coscienza. Il confronto con il dolore, la sua lenta e difficile metabolizzazione sono un po’ il centro di ogni storia, come il Minotauro sta al centro del Labirinto.
Anche per Andrea il confronto con il dolore e la sua accettazione rappresentano la prova, il tema centrale della sua vita. Andrea si presenta con una diagnosi di DGS NAS, ovvero nel linguaggio specialistico internazionale del DSM IV-TR (manuale statistico diagnostico dei disturbi mentali) Disturbo Generalizzato dello Sviluppo non Altrimenti Specificato. Ha dieci anni, dall’età di quattro anni deve imparare a convivere con il suo diabete, che vorrebbe tanto scambiare con la celiachia della sorellina di sei anni. Andrea usa modalità rigide, ossessive nei comportamenti, nel linguaggio, nei pensieri, presenta notevoli difficoltà relazionali, evita lo sguardo dell’altro anche se dimostra delle incredibili e sorprendenti capacità di ricordo di singoli elementi come numeri, nomi, che detti anche una sola volta, rimangono fissati in maniera indelebile. Le persone, i dati intorno a lui sembrano caratterizzarsi come elementi frazionati e non significativi: informazioni parziali che costituiscono un mondo confuso e caotico. Un suo interesse predominante riguarda tutto ciò che è energia, corrente elettrica, elettrodomestici, spine. Si lamenta spesso con la nonna, con la madre, che è un’insegnante, dicendo che vorrebbe morire per essere libero dalla malattia, dall’insulina, per ricominciare dall’inizio, ritornare piccolo, andare all’asilo per giocare o almeno stare nella sua classe. Lui si nasconderebbe e farebbe il buono. Tutto il suo mondo interiore è dominato da un’angoscia, un’ansia gestite attraverso l’idea del cibo (nella doppia valenza consolatoria e distruttiva) e i comportamenti bulimici . Dietro i pensieri ricorrenti del cibo, del mangiare, si nascondono la sua rabbia, la sua paura, la sua aggressività verso i compagni, la scuola, il mondo degli adulti con le sue pesanti richieste . Anche nei suoi giochi ripetitivi e concitati ritorna il tema compulsivo del comprare cibo, cucinare e mangiare velocemente in una sorta di grande e continua abbuffata.
In terapia iniziamo a lavorare con il gioco e con le fiabe. Tra le tante che Andrea incontra (anche a casa il padre gliele legge la sera come rituale per addormentarsi) due lo colpiscono in modo particolare: il Soldatino di Piombo e lo Schiaccianoci. Le guarda più volte anche nella rappresentazione data dai DVD.
I genitori ci raccontano che circa un anno fa, la notte di Natale, a casa dei nonni, Andrea si getta sullo zerbino a rappresentare, in una sincretica e personale rielaborazione, la scena del soldatino buttato nel fuoco a bruciare affinché rimanga solo il suo cuoricino rosso e al tempo stesso dice di essere lo schiaccianoci rotto, riparato ed appeso all’albero di Natale.
I genitori si spaventano molto, leggono in tale comportamento tutto il suo e il loro dolore, la loro impotenza.
Noi in terapia riprendiamo le storie che Andrea incontra e che predilige, le leggiamo insieme e le animiamo intuendo che queste possono per noi essere una sorta di filo invisibile che dipanandosi gradualmente restituisce a lui e a noi il senso del cammino, della direzione da seguire. Utilizziamo successivamente anche altre fiabe con lo stesso tema simbolico dell’eroe protagonista che deve affrontare prove dolorose, deve combattere contro nemici, forze contrarie che sembrano avere la meglio su di lui, ma dove alla fine è sempre possibile ritrovare la strada perduta, vincere il mostro, governare un regno, salvare una persona cara. Nello Schiaccianoci in particolare, è possibile riprendere il “ gioco”, il “ ballo della vita” anche grazie all’aiuto di forze nuove, di una compagna /bambina o, nel Soldatino di Piombo, di una ballerina dalla gamba sempre alzata, configurazione dell’anima nel suo movimento vitale. In tal senso il tema del “morire” è chiaramente intuito e vissuto dalla psiche-anima come possibilità di ricominciare di nuovo, di ri-creare continuamente se stessa e il mondo.
In tanto dolore, in tanta rabbia, in tanto senso di colpa in cui Andrea si sente prigioniero (più volte esprime il suo desiderio di essere cattivo, di far male agli altri: compagni, bambini piccoli, animali), le storie arrivano come un soccorso, un farmaco benefico che riattivano la fiducia nelle proprie risorse e la speranza nella bontà della vita. Naturalmente il percorso presenta un terreno accidentato, con pochi momenti dinamici di progressione e molti di regressione e di fissazione.
La morte del nonno segna un momento molto difficile, regressivo, riattiva tematiche ed atteggiamenti ossessivi, vissuti di perdita, ma di nuovo la fiaba offre un aiuto, un modello, una strada da seguire per elaborare il lutto. La psicoterapeuta di riferimento individua la fiaba di Orsetta che perde il nonno e la madre Orsa le insegna il valore del cuore e della memoria per ricordare momenti belli e sereni vissuti con lui superando così i rigidi rituali usati fino a quel momento (elencare tutte le persone defunte della sua famiglia, disegnare tombe affiancate da santini).
Le fiabe stanno accompagnando il suo percorso evolutivo e permettono ad Andrea di rispecchiarsi in una sorta di vicenda universale, di percorso iniziatico all’insegna dei temi: morte/ cambiamento, regressione/evoluzione.
La fiaba di Ciondolino (Vamba) pone il tema della regressione e della trasformazione in un altro da sé (tema per i bambini sempre affascinante) . Per Gigino (Ciondolino è il suo soprannome piuttosto evocativo) lo studio è una gran fatica e una gran noia. Rimandato a Settembre, come pure la sorella e il fratello, si ritrovano in un pomeriggio d’estate ad eludere i loro compiti vagheggiando una fuga nel mondo animale. Maurizio dice che vorrebbe essere un grillo, Giorgina una farfalla e Gigino un formicolino, “per poter passeggiare dalla mattina alla sera, perché loro sì che sono felici!”. Come succede spesso nelle fiabe il desiderio si avvera ed ecco che il protagonista si ritrova trasformato in una formica operaia e a vivere una serie di avventure con situazioni estreme (fino a sfiorare la morte). Egli infatti non solo entra nel mondo ordinato, laborioso, solidale delle formiche e ne scopre la fatica, l’impegno e lo studio (quello studio che cercava di eludere) ma diviene nel corso della vicenda, una sorta di eroe, acclamato imperatore, nella sfida contro le formiche rosse. Queste, inizialmente aggirate e vinte con grande astuzia, tuttavia tenderanno una trappola mortale che porterà alla distruzione del formicaio e alla morte di Fusca, la mamma formica operaia che lo ha nutrito, difeso ed accompagnato con amore e dedizione. Così, sconfitto e vinto nella sua tracotanza, addolorato per la perdita dei suoi familiari, consapevole dei suoi errori, sarà fatto prigioniero, e salvato in extremis, quando sta per essere decapitato…! (allusione alla sua ybris, ovvero arroganza, pagata con la pena del contrappasso). Come Pinocchio, trasformato in asino, egli riesce a ritornare nei panni umani solo attraverso la via dell’accettazione dell’impegno individuale, della responsabilità, dell’aiuto reciproco alla base di ogni comunità. Tema questo comune a molte fiabe, solo attraverso la trasformazione in un animale umile, come una formica, un asino, si può avere un’intima esperienza delle proprie forze istintuali, dei propri limiti, e del proprio posto nel mondo.
Anche – Le avventure di Cipollino- (G. Rodari) è una storia molto amata e richiesta da Andrea che probabilmente la sceglie come aiuto per contenere e mitigare i forti elementi di aggressività, di ostilità palesati in terapia, a casa e a scuola, nei confronti della struttura e dei compagni.
In questa colorata, divertente storia ritorna il tradizionale tema della lotta tra bene e male, tra forze opposte che l’eroe protagonista Cipollino, appartenente alla sfortunata famiglia dei Cipolloni, deve conoscere intimamente. Solo dopo molte ed alterne vicende, dopo un lungo esilio e dopo aver dato prova del suo coraggio e del suo valore, potrà liberare se stesso, i suoi amici, il padre e tutta la comunità dal malvagio e corrotto potere del Re Limone e del Principe Pomodoro riportando ordine, benessere e felicità. Gli eserciti di ortaggi e frutta che si combattono tra loro fino al passaggio dal disordine del vecchio regno al nuovo ordine fonte di giustizia e creatività probabilmente fanno da scenario, da eco alla battaglia che si combatte nel mondo intimo e relazionale di Andrea.
In questa fase infatti, Andrea, deve accettare una serie di frustrazioni e confrontarsi proprio con il tema del limite, della regola: deve imparare a controllare il suo rapporto con il cibo, deve imparare a gestirsi la somministrazione dell’insulina.
Nella dinamica regressione /evoluzione, i momenti in cui egli si lamenta con la madre dicendo che vuole ritornare piccolo, che vuole essere cattivo con i compagni, con gli insegnanti, si alternano a momenti in cui Andrea comincia ad introdurre cambiamenti e a fare sogni sul suo lavoro futuro.
Si affacciano così in terapia, nuovi elementi ideativi e fantastici che rivelano l’inizio di un processo di consolidamento della sua personalità e di separazione dalla figura materna. Nel gioco della casetta di legno, finalmente i personaggi bambini sono posti a dormire in un altro piano della casa rispetto ai genitori (nella realtà Andrea divide il letto con la madre e rifiuta di andare nella sua stanza), “me ne andrò dal letto dei miei genitori quando avrò la barba!”, dice Andrea alla terapeuta dopo che le ha chiesto se il figlio di 20 mesi dorma da solo. Alla sua risposta affermativa, egli rimane perplesso e pensieroso. Se la frustrazione indotta da tale modello rafforza una difesa regressiva nel confronto verbale con il terapeuta – adulto, è interessante rilevare che sul piano immaginale, attraverso il gioco, Andrea può iniziare a rappresentarsi in una situazione di separazione – individuazione, sentita come ambivalente e minacciosa. Andrea, infatti, richiede di poter lavorare di nuovo con i personaggi che abitano la casa e dice al personaggio – bambino che vuole dormire con i genitori: “Adesso tu vai nella tua camera!”.
Andrea ci guida e “si guida” in tale percorso psicoterapeutico regalando un giorno alla sua terapeuta un libro preso dalla libreria del padre. Il titolo di tale libro, un saggio sul teatro che deve averlo colpito è “Dietro la finzione”. Una finzione che evidentemente aiuta l’organizzazione dei vari piani psico-fisici, compreso quello emotivo-affettivo ed ideativo.
Così, affiora in Andrea, l’idea di poter diventare, un domani, un cuoco famoso del Gambero Rosso, che prepara cibi vari e succulenti. Tale pensiero lo apre al futuro, lo affascina, lo consola e lo aiuta nel sostenere le frustrazioni delle sue limitazioni quotidiane, sia rispetto alla sua immagine ideale, sia nel confronto con gli altri.
S’intravede un’apertura al nuovo, al possibile, alla dimensione della fantasia, del mondo immaginale, là dove tutto diviene possibile e dove il dolore può essere accettato, metabolizzato e trasformato in nutrimento, sapore, valore, bene di scambio, per sé e per gli altri.