Robert Eisler
Uomo diventa lupo
Postfazione di Brian Collins
Traduzione di Raul Montanari
(Adelphi edizioni, 2019, pp. 408)
Uomo diventa Lupo, un’indagine socio-antropologica sulla crudeltà e l’aggressività umane, è certamente il testo che più rappresenta il senso delle ricerche di Robert Eisler (1882-1949) studioso geniale, nato in una famiglia ebraica di Vienna che, pur se ai margini della vita accademica, ha lasciato una notevole produzione scientifica di ampio spettro che spazia dalla paleoantropologia alle religioni misteriche, al mondo semitico, alle teorie economiche. L’interesse per le sue opere viene crescendo proprio alla luce delle nuove acquisizioni nei campi della conoscenza da lui esplorati.
David k. Henderson, presidente della Sezione psichiatrica della Royal Society of Medicine, dove Robert Eisler presentò la conferenza sulle cause profonde della crudeltà e dell’aggressività umana da cui nascerà Uomo diventa lupo, intuì che le sue ricerche, quasi destabilizzanti per vastità, capacità di collegare avvenimenti contemporanei a antichi miti, leggende, culture e religioni diverse avrebbero offerto un contributo prezioso a psichiatri, avvocati, giudici, educatori, ministri del culto che si debbono confrontare con sconcertanti turbe del comportamento umano sia di adulti che di bambini.
Lo stesso Eisler nella premessa, scritta nel 1948 tre mesi prima della sua morte, esplicita la sua ipotesi: «la possibilità di una derivazione storica – o piuttosto preistorica – di tipo evoluzionistico per tutti i crimini violenti, dall’attacco alla singola vita noto con il nome di assassinio o omicidio a quella forma di uccisione collettiva organizzata che chiamiamo guerra» (p.17).
In occasione delle ‘giornate di Eranos’ a cui Eisler aveva partecipato nel 1935 come relatore, aveva conosciuto Carl G. Jung e si era particolarmente interessato alla «teoria della sopravvivenza di idee archetipiche negli strati subconsci ancestrali della mente umana, idee che continuano a evidenziarsi nella storia del mondo, nelle leggende, nei miti, nei riti dell’uomo, così come nei fuggevoli sogni e nelle eterne illusioni dell’umanità contemporanea» (p.17). La teoria junghiana rinforzò la sua ipotesi che quanto si tramandava nelle leggende e nei miti riguardo alla «Caduta dell’uomo» potesse essere considerato come autentica storia dell’umanità.
Di grande interesse è la modalità inconsueta secondo la quale è strutturato il libro.
L’incipit è la conferenza tenuta alla Royal Society of Medicine: Uomo diventa lupo, un’interpretazione antropologica di sadismo masochismo e licantropia (pp. 23-57) in cui Eisler cerca di comprendere e spiegare quei fenomeni descritti come «innaturali» o «perversi» quali il sadismo e il masochismo. La sua ricerca parte dall’assunto che se esistono davvero «leggi di natura», nessuna attività umana può «pervertirle» o contraddirle. Da qui la domanda come sia stato possibile che l’uomo primitivo, dedito alla raccolta di frutti e radici, definito da Platone «animale mite e inerme» che si difende grazie alla propria superiore intelligenza, si sia trasformato nell’uomo moderno, che J. William aveva «correttamente definito sul piano biologico come la più spaventosa di tutte le bestie da preda, e per di più l’unica che preda in modo sistematico ai danni della propria specie» (p. 31). Quale cambiamento radicale nella dieta o nel modus vivendi dell’uomo avrebbe portato a un’alterazione improvvisa e irrevocabile, ricordata nei miti ampiamente diffusi fra tutte le popolazioni, che parlano di «Caduta» o di «peccato originale» dalle conseguenze disastrose e permanenti? Quale l’origine della dieta carnivora o onnivora «seguita oggi dalla stragrande maggioranza degli esseri umani, dediti alla caccia, all’uccisione e alla guerra?» Per Eisler ciò dovrebbe essere accaduto alla fine del periodo pluviale, quando gli uomini, stremati dalla fame, usando la loro innata tendenza all’imitazione, cominciarono a adottare le modalità degli animali da preda da cui erano insidiati: si riunirono in gruppi per accerchiarli e sopraffarli e cominciarono ad addentarli e a mangiarne le carni crude. Eisler nota che tale modalità arcaica sopravviveva ancora nei riti atavici della confraternita marocchina degli ‘Īsāwiyya: uomini in stato alterato vestiti da lupi, iene, animali selvatici, coperti di pelli o di abiti dipinti che ne imitavano il manto, dilaniavano con le mani e sbranavano con i denti capretti e agnelli vivi, a guisa delle menadi o baccanti descritte nelle tragedie di Eschilo e di Euripide. Riscontra anche analogie con lo smembramento del «capro espiatorio» nell’antico rituale ebraico del Giorno della Redenzione, originariamente parte della festa della vendemmia, quando l’estasi provocata dal vino novello e dalle danze sfrenate sfociava in comportamenti fuori controllo.
In Italia, in Grecia, nella penisola balcanica, in Asia Minore, in Germania Eisler ha rinvenuto antichi nomi tribali indoeuropei che significano «popolo della Lupa » o «lupo» e «lupa». Giunge così a dimostrare che il passaggio dal gruppo di raccoglitori di frutti al branco di cacciatori carnivori dovette essere un processo cosciente tale da provocare un forte sconvolgimento emotivo, che permane nell’inconscio collettivo della memoria umana e ancora emerge in credenze, superstizioni, come quelle della licantropia, o in espressioni verbali comunemente usate. Si sarebbero così formate due diverse culture umane. Da una parte pacifiche tribù vegetariane dedite alla raccolta e poi alla coltivazione della terra, del grano e della frutta, dall’altra i ‘lupi mannari’ carnivori e predatori, progenitori di tribù di cacciatori, che imitando gli animali predatori, attaccavano non solo animali ‘subumani’, ma anche umani non violenti, di cui uccidevano gli uomini più deboli e violentavano le donne. Prima manifestazione di questo radicale mutamento dei costumi sarebbe proprio l’uso da parte degli uomini delle pelli degli animali per mimetizzarsi e attaccare: l’abito diventa un habitus. Ma l’istinto ‹mimetico› ereditato diviene causa di cambiamento quando estende la propria funzione oltre i confini della specie. Da qui l’inevitabile senso di colpa degli uomini carnivori nei confronti dei loro antenati e il tentativo di placarne il risentimento con l’offerta di parte della carne della vittima macellata o restituendo il sangue, segno di vita, alla terra. La consapevolezza del ‹peccato› creava la necessità di sacrifici, riti espiatori e cerimonie apotropaiche al fine di non subire conseguenze negative per i comportamenti impropriamente acquisiti, ma troppo vantaggiosi per essere abbandonati.
Il saggio è seguito da ben 260 note di approfondimento ampie e ricche di bibliografia, spesso veri e propri saggi, che si sviluppano per circa 230 pagine.
Ci limitiamo a citare la n. 1, Marchese de Sade (pp. 66-77) e la n.2 Leopold Von Sacher-Masoch (pp. 77-84). Eisler scrive del marchese Di Sade che «[…] il suo modo di cedere alle peggiori tentazioni della sua anima tormentata consistette nel versare non il sangue di vittime umane, ma innocui fiumi di inchiostro su carta incapace di provare dolore. Non sono i suoi famigerati libri a essere trovati nelle mani dei veri maniaci omicidi» (p.76) e lo pone in confronto con il Malleus Maleficarum di Jacob Spengler «diretto responsabile della tortura e della condanna al rogo per ‹stregoneria› di centinaia di donne innocenti e di non pochi uomini (p. 77).

Seguono Appendici che sono testimonianze antropologiche, scientifiche, psicologiche e di vita vissuta a prova di quanto l’autore stesso è riuscito a comprendere sui comportamenti dell’uomo dalla preistoria ai giorni nostri.
- Gli « archetipi » di Jung e il neolamarckismo
- I Luperci romani e la fustigazione rituale delle donne con corregge di cuoio durante i Lupercalia.Paralleli contemporanei.
- III. la flagellazione delle donne nei misteri dionisiaci
- Un evidente caso di vampirismo
- Furia cieca
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Postfazione di Brian Collins
Un pezzo troppo quadrato:
La vita e l’opera di Robert Eisler.
Athens, Ohio 2018
Significativa – come ci rivela l’indologo Brian Collins – fu l’influenza su Eisler di grandi maestri come lo storico dell’arte Alois Riegl, Franz Wickhoff, Hermann Usener e l’incontro con Jung, Scholem, Warburg, Eliade, i più significativi rappresentanti di Eranos definito da Thomas Hakl An alternative intellectual history of the twentieth century. In tale contesto il suo pensiero poté trovare ampie possibilità di scambi con studiosi di varie discipline. La genialità di Eisler, la polimatia, la capacità di sconfinare, fin che gli fu possibile, dai recinti delle singole discipline, il suo essere in anticipo sui tempi destò grandi interessi e il suo libro Weltenmantel und Himmelszelt, (1910) – Mantello del mondo e terra celeste – è ancora oggi opera significativa per gli storici dell’arte. Tuttavia si provocò anche un certo sconcerto tra gli studiosi che non riuscivano a collocarlo in un ambito definito sì che lo stesso Eisler parlò di sé come di ‘un pezzo troppo quadrato’ per entrare nei cilindri già predisposti.
Collins dedica il paragrafo Dachau e Buchenwald (1938-1939) agli anni in cui Eisler fu internato nei cambi di concentramento nazisti dove «ebbe ampie opportunità di assistere al sadismo e alla brutalità che più tardi ispirarono Uomo diventa lupo» (p. 378). Sperimentò anche l’isolamento, dove «l’individuo completamente solo si aggrappa precariamente, e pericolosamente, alla ragione e alla sanità mentale.» Tuttavia anche in quelle situazioni trovò amici a lui affini con cui avere scambi importanti. Lo storico Heinrich Jacob ringrazierà «l’amico Robert Eisler, storico delle religioni, che nei giorni bui di Dachau e Buchenwald tenne viva la mia speranza di finire e di pubblicare il libro».
In The Messiah Jesus and John the Baptist (Eisler 1931) Collins sottolinea una frase che sarebbe stata vera in ogni momento della sua vita: «Ho lavorato e scritto per coloro che, come me, sono convinti che nessuna spiegazione di un singolo fatto sia soddisfacente se non può essere inserita in una successione ordinata e plausibile che consenta di rendere conto della totalità dei fatti e dei fenomeni». Infine conclude: «Quando la staordinaria mente combinatoria di Eisler fu sottoposta agli orrori dei campi di concentramento nazisti, il libro che avete appena letto fu il risultato. Nelle sue pagine vediamo Eisler affrontare il problema della crudeltà umana e operarvi la sua arcana magia. E sappiamo che la sua magia è un’arte perduta. Perduta perché è stata resa ormai quasi impossibile dalle stese forze intellettuali costrittive che scacciarono il suo ultimo praticante nella foresta in mezzo ai lupi» (p.391)